Marlene Dumas, Skull (of a Woman), 2005 (dettaglio). Dettaglio. Collection of de Bruin-Heijn.
Sostiene Socrate nel Fedone che per i filosofi non vi è altra occupazione che quella della morte e del morire. Camus, nel Mito di Sisifo, ribatte che l’unico problema filosofico davvero rilevante è quello del suicidio. Per Edgar Morin la cultura e la filosofia hanno avuto inizio con la prima sepoltura. Adorno dichiarò una volta di aver cominciato a porsi domande filosofiche dopo che da bambino vide passare un carro ricolmo di cani morti. Si potrebbe continuare a lungo, con aneddoti e altri nomi. Il fatto è che per i filosofi quello della morte è un problema inaggirabile, fondamentale, per certi versi è il problema da cui derivano tutti gli altri. Perché si muore? Dove finiscono i morti? È possibile rivederli? Come si può vivere sapendo di dover morire? “Se la filosofia è certamente fin dalle origini un esercizio di morte”, osserva Ines Testoni nel suo nuovo Il grande libro della morte. Miti e riti dalla preistoria ai cyborg (Il Saggiatore, 2021), “è altrettanto vero che essa ha cercato in ogni modo di rispondere al perché non temerla e quindi non soffrire per il fatto di sapere di essere mortali”. Chiunque voglia sopportare la vita oppure viverla appieno, insegna la filosofia, cominci col disporsi ad accettare la morte, che della vita è come il punto di osservazione panoramico.
Anche Testoni racconta di aver scoperto “la più temibile degli oggetti di pensiero” da bambina, quando a casa di parenti emigrati in Brasile venne introdotta alla misteriosa presenza dei fantasmi. Col tempo quell’imprinting d’infanzia verso “la regina di tutti i terrori”, la morte delle cose che scompaiono ma poi riappaiono alla coscienza, si è trasformato per lei in un campo di ricerca empirica e speculazione teorica tra i più fecondi. Testoni è infatti professoressa di Psicologia sociale all’Università di Padova e direttrice del primo master europeo in “Death studies & the end of life”, anche se lei stessa preferisce definirsi semplicemente tanatologa. Del Grande libro della morte dice che è come un viaggio con la morte accanto, un itinerario ad ampio spettro tra maschere mortuarie, purificazioni e pianti rituali, sciamani necromanti, città dei morti, cadaveri plastinati, tanatoprassi e autodafé, suicidari folli o illuminati. Un saggio di filosofia della morte che giunge idealmente a completare una trilogia multidisciplinare cominciata con L’ultima nascita (2015), in cui Testoni proponeva un programma di educazione alla mortalità, e proseguita poi con Psicologia palliativa (2020), nel quale indagava interventi di supporto e pratiche relazionali di accompagnamento al morire.
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