In Occidente, se si chiede alle persone quale morte preferiscano, quasi sempre la risposta sembra essere “morire improvvisamente”, oppure “morire nel sonno”, in altre parole, senza alcun avvertimento. Chiedendo in particolare cosa temono, solitamente rispondono “una lunga malattia o una condizione in cui mi sia progressivamente e sempre di più tolta la libertà e il potere di fare ciò che desidero”.
Più che dalla morte in sé, le persone sono terrorizzate dalla costante minaccia del vivere morendo, che causa perdita di dignità e rispetto di sé stessi. Quando si manifestano condizioni di malattia come cancro, neurodegenerazioni, patologie genetiche, virali (ad esempio AIDS) o da invecchiamento le persone cadono nel terrore più profondo. Vedere il decorso della malattia rende evidente la morte nella sua inesorabilità, vissuta attraverso il lungo processo che porta al progressivo peggioramento della qualità della vita. Questa visione innesca la rimozione del terrore esperito dalla quotidianità lasciando gli individui, le famiglie e le intere comunità vulnerabili e incapaci di gestire la morte nel momento in cui arriva. La principale conseguenza è che le persone non siano preparate ad attribuire significati e a riconoscere il compito evolutivo di questo processo inevitabile per tutti.
Il problema assume anche dimensioni culturali e sociali, come accade ad esempio per effetto dell’oppressione sociale, che induce la percezione dello stesso terrore. Si pensi per esempio alle violenze e ai traumi da cui dipendono perdite significative e irrimediabili; oppure alle situazioni di tracollo economico, alle condizioni di prigionia, alle torture, allo stalking, al bullismo, alle violenze e agli abusi domestici. In questi casi morte e suicidio possono sembrare una vera e propria liberazione.
Alla base di tutto questo terrore vi è la minaccia della perdita e della degradazione di se stessi prima della morte, ovvero l’orrore di fronte all’annientamento della propria identità più profonda, del proprio Esser Sé.
Scopo del congresso è riflettere su queste forme di terrore, nelle espressioni più drammatiche e temute, trovare e condividere risposte che siano in grado di lenire la sofferenza, risolvere le cause e attribuire loro un significato evolutivo.